Brancaccio il Vescovo che ha cambiato la città

Brancaccio il Vescovo che ha cambiato la città

Dalla Bruna alla Cattedrale, anche se a Matera lo ricordano solo per la Residenza per anziani

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Quello nella foto non è Mons. Brancaccio, ma Lanfranchi, i due avevano molte cose in comune, a partire dall’ordine monastico a cui appartenevano. Ma di Mons. Brancaccio non è sopravvissuto alcun ritratto. A differenza del suo imponente stemma episcopale, che invece troneggia in Cattedrale.

Mons. Antonio Maria Brancaccio, di origine napoletana, fu arcivescovo della diocesi di Matera ed Acerenza dal 1703 al 1722. Durante il suo episcopato modificò per sempre il volto della città.

L’opera più importante fu senza dubbio l’ammodernamento della Cattedrale (non interamente con lode, annota lo storico Morelli, non possiamo dargli torto), trasformata circa un secolo più tardi in una domus aurea per tutti gli stucchi e le doratue che furono aggiunti. È opera del nostro anche il Salone degli stemmi, la bellissima aula episcopale dove sono rappresentati i 24 paesi che facevano parte della diocesi, oltre ai ritratti degli arcivescovi dal Medioevo fino a metà Ottocento. Tra questi anche quello di Brancaccio, che però è andato perduto: dei saggi effettuati durante i lavori hanno rivelato che non si trova neanche sotto l’intonaco della che doveva originariamente ospitare il volto di Brancaccio. Molte testimonianze del glorioso episcopato sono oggi esposte al museo MATA.

È meno frequente, però, ricordare Mons Brancaccio per le opere ancor più importanti realizzate a favore dei poveri della città.

“In un secolo turbinoso quale fu il XVIII, il Secolo dei Lumi, a Matera si palesò la figura di uno dei più forti arcivescovi della Diocesi, che impegnò tutto se stesso a favore dei più poveri”

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L’opera sociale di Mons. Brancaccio

Istituì a Matera il primo “Monte frumentario”, opera benefica destinata a fornire agli agricoltori bisognosi il grano per la semina e per il sostentamento delle loro famiglie.

Ma l’opera per la quale ancora oggi viene ricordato è l’istituzione della Residenza per anziani che ancora porta il suo nome. Questa casa di riposo è tutt’altra da quella che fu “di Sant’Agostino”, che nel 1870 per l’eversione dei beni della Chiesa allo Stato italiano fu trasformata in caserma fino alla prima guerra mondiale. In seguito, finì per accogliere agli anziani poveri, con il patrocinio del Comune e delle famiglie benestanti, le cui donne erano conosciute col nome di “Dame della Carità”, coadiuvate dalle suore di S. Vincenzo. Questa sede fu poi abbandonata per carenza di servizi igienici. Fino all’erezione nel 1980 della moderna Residenza Brancaccio.

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A Mons. Brancaccio si deve anche la fondazione del monastero delle Clarisse, inizialmente una comunità di pentite che adottarono la regola di Santa Chirara, divenuta col tempo “centro di spiritualità francescana, rimasto vivo fino ai primi del secolo scorso.

La Cattedrale di Matera

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