Daniela, la mia storia sotto il manto

Daniela, la mia storia sotto il manto

Il lavoro aiuta a crescere

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Daniela, con la sua storia, le sue aspirazioni, ha accompagnato il Sicomoro lungo una strada di impegno difficile ed entusiasmante, che si è coronata da poco. E’ la strada che ha riportato in attività la cooperativa sociale MEST, con cui il Sicomoro ha raccolto la sfida di creare un contenitore dedicato alle attività di inserimento lavorativo speciale.

Un percorso che Daniela conosce bene e che ha affiancato con tenacia e pazienza, dalle prime sperimentazioni con “Linea d’ombra” fino all’opportunità che si è aperta con la gestione della Residenza Brancaccio, di costruire le condizioni per un lavoro davvero a misura di tutti.

È anche così che Daniela è diventata una delle protagoniste della Silent Academy, il progetto che stiamo producendo con la Fondazione Matera Basilicata 2019. C’era anche lei, vestita di bianco, sotto il grande mantello dorato che ha preso vita nell’azione scenica firmata da Mariano Bauduin il 20 marzo scorso. “Sotto lo stesso manto” è il titolo della performance che la Silent Academy ha messo in scena nella Chiesa del Purgatorio, a Matera. Un manto diventato simbolo di una città che sa accogliere e integrare, grazie ai percorsi costruiti dalle tante realtà attive del privato sociale.

Occasione che ha permesso a Daniela di incontrare nei giorni precedenti il premio nobel Betty Williams, interessata a conoscere meglio la Silent Academy, di cui è partner con la Fondazione Città della pace e dei bambini.  La storia e forza di Daniela hanno colpito molto il nobel per la pace in visita a Matera, tra le due è nata subito un’intesa incredibile culminata in un lungo abbraccio che ha emozionato tutti.

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“Il lavoro è importante! Devo stare attenta a tante cose, non è sempre facile, ma i miei colleghi sono bravissimi e mi aiutano sempre”

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LINEA D’OMBRA

Il progetto “Linea d’ombra” finanziato da Fondazione con il Sud ha inteso sostenere l’inserimento lavorativo di soggetti portatori di disabilità psichiche attraverso un programma di tirocini formativi che ha coinvolto la maggior parte degli enti e dei servizi territoriali materani coinvolti nell’integrazione sociale e lavorativa di persone con disagio e disabilità psichica.

Dal punto di vista organizzativo il progetto, che si è basato su un approccio di de-istituzionalizzazione del disagio psichico, ha previsto due principali fasi di lavoro.
Una prima fase di ingresso e accoglienza ha previsto, grazie al coinvolgimento di un’equipe multidisciplinare, l’attivazione di interventi di orientamento e attività laboratoriali e di socializzazione di gruppo, finalizzati ad una valutazione delle competenze e delle abilità sociali dei destinatari. Successivamente, sono stati avviati i venti percorsi di uscita – i tirocini di inserimento lavorativo – che sono stati personalizzati sulle caratteristiche dei destinatari e hanno coinvolto sia imprese profit esterne, che cooperative sociali.

Un’esperienza pilota sarà, inoltre, dedicata alla sperimentazione di un modello di inserimento lavorativo – il lavoro supportato – per persone affette da autismo e altre disabilità di grande dipendenza.

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Said, la mia storia da San Chirico Raparo a Panecotto

Said, la mia storia da San Chirico Raparo a Panecotto

Arrivato in Italia a 14 anni, la sua storia tiene dentro i tanti volti del Sicomoro

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Said aveva quattordici anni quando è arrivato in Italia. Nei diari di bordo di quel maledetto giorno non c’era l’Italia, ma la solita rotta commerciale che ormai era capace di percorrere nella sua memoria a occhi chiusi: su quella barca ci è cresciuto Said. Come suo nonno, il nonno di suo nonno: erano pescatori da generazioni.

Tanto che gli bastarono solo due anni di scuola in Egitto a rendere evidente quello che già sapeva: non era fatto per stare sui libri, ma lì, su quel magnifico, immenso, castello galleggiante, per pescare e navigare, e poi scendere a contrattare, urlare e litigare, nei mercati più importanti del Mediterraneo. Lì era la sua vita, aveva solo 13 anni e questa certezza.

Egitto, Libia, Malta. E poi al contrario, fino a casa. Invece no. Quel giorno le cose non andarono così. Le urla strazianti di venti, cento, mille – erano tantissimi – tra uomini, donne e bambini, venivano dal mare come minacce di condanna. Una carretta carica di immigrati si era rovesciata in mare aperto, lasciano scivolare in acqua disperazione e terrore. Salvarli, come? Caricarli, per portarli dove? E poi? Troppe domande, bisognava fare qualcosa, era già lì la morte che, uno ad uno, li stava tirando giù.

Tornare in Egitto con quel carico di fame e disperazione avrebbe significato l’ergastolo, lo sapevano. Venire in Italia in quel momento era l’unica soluzione. “No, no, vi prego! Torniamo a casa, vi prego”, provava a far sentire la sua voce Said, ma nella cabina nessuno gli diede retta.

Fu assegnato alla Comunità per minori stranieri non accompagnati a San Chirico Raparo, proprio mentre il Sicomoro stata per assumerne la gestione. Arrivammo insieme in quel piccolo paese in provincia di Potenza.

Pianse per settimane, mesi forse: doveva tornare a casa! Finché da casa arrivò quella telefonata: “è meglio che stai lì, figlio mio, studia, fatti una vita, che qui, senza la barca ormai, non è più come prima”. Era la voce di sua madre, anche se non voleva crederci, non poteva essere.

“Nella mia cucina mi piace raccontare la mia storia, fatta di contaminazioni lontane e sorprese inaspettate”

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Avevamo una barca, andavamo a pescare con i miei fratelli, ero il più piccolo.

Said a San Chirico Raparo torna a scuola e prende la licenza media. Arriva il tempo delle scuole superiori e decide che da grande vuole fare lo chef. La famiglia di Valeria, la prima operatrice del Sicomoro che aveva conosciuto a San Chirico Raparo, accetta di prenderlo in affido, per permettergli di frequentare l’istituto alberghiero a Matera.

Dopo poco il Sicomoro decide di seguire il bistro Panecotto, nei Sassi di Matera e propone a Said di iniziare a seguire questo progetto. Intanto si diploma e diventa ufficialmente il primo chef di Panecotto. Contribuisce poi con lo chef Federico Valicenti a dar vita al menu dei colori che ora porta in giro per la Basilicata.

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Said è stato protagonista anche della mostra IO SONO di Luisa Menazzi Moretti.

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