Il carro e il leone
Dove nasce il Carro della Bruna: le storie e i volti del luogo più misterioso di Matera
La storia del Carro della Festa della Bruna è quasi sempre una storia al contrario: parte dal suo finale, come se il carro trionfale fosse soltanto la sua distruzione.
“Il Carro e il leone” racconta invece la storia della costruzione del carro, le alchimie i segreti e le tradizioni di famiglia che si consumano in un luogo inaccessibile per mesi e – soprattutto – è la storia della coloratissima comunità che quest’anno ha dato vita e mani a questo simbolo potentissimo della città di Matera.
È la prima volta nella storia centenaria della festa che un libro prova ad aprire idealmente le porte della fabbrica in cui nasce la festa.
Centosessantotto giorni, dal 7 gennaio al 23 di giugno, raccontati in un diario. È la cronaca quotidiana della rinascita di una grande scultura mobile, il carro Trionfale in cartapesta costruito da una piccola comunità di artigiani che quest’anno si è arricchita della presenza di ragazzi stranieri rifugiati e artisti non locali.
“Voglio che con la Rendita del Capitale della Masseria si tenga in città una Festività di nostra signora sotto il titulo della Bruna nostra Avvocata, e Protettrice”
Mons. Brancaccio, vescovo di Matera
Il libro nasce per volontà della cooperativa sociale il Sicomoro, legata a doppio filo quest’anno alla festa della Bruna. La cooperativa è infatti ente gestore del progetto di accoglienza per rifugiati del Comune di Matera, che ha permesso a Kingsley, Ismaila, Savane e altri di partecipare attivamente alla costruzione del carro. C’è però un altro legame tra il Sicomoro e il 2 luglio legato ad un nome che i materani sono abituati ad associare unicamente alla residenza per anziani gestita dalla cooperativa: è il nome di Mons. Brancaccio.
Nel testamento del Brancaccio si legge infatti “Voglio che con la Rendita del Capitale della Masseria si tenga in città una Festività di nostra signora sotto il titulo della Bruna nostra Avvocata, e Protettrice, che si Celebra a due di luglio e sia solennizzata da musici et Istrumenti scelti da loro spendendo in ogn’anno cinquanta ducati. E così continuare sempre et in infinitum”. Il vescovo dei poveri, istitutore del monte frumentario da cui prese vita la casa di riposo, nel 700 fu il primo a dare alla festa della Bruna la forma e le regole con cui tutti noi ancora oggi la celebriamo. Un legame forte quello tra la festa e la Residenza Mons. Brancaccio che il Sicomoro intende onorare destinando il ricavato della vendita del libro al sostegno delle rette degli anziani in situazione di solitudine e povertà ospiti della Residenza Brancaccio.
Condividi